Il fallimento è una delle esperienze più difficili e fraintese nella vita. Spesso pensiamo che ci piova dall’esterno: una relazione che finisce dolorosamente, difficoltà nel lavoro, voti deludenti o altre situazioni in cui le cose non vanno come desideriamo. In questi momenti, le reazioni più comuni sono due: incolpare qualcun altro o il sistema, oppure sentirsi dei “fallimenti”, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in noi.
Eppure, proprio quando tutto sembra andare storto, si apre una possibilità di apprendimento e trasformazione. James Joyce, riflettendo sulla propria esperienza di scrittore, scriveva che “gli errori di un uomo sono i suoi portali di scoperta”.
Gli errori, le cadute, i fallimenti non sono solo ostacoli: sono le porte attraverso cui si accede alla creatività, alla conoscenza, a nuovi modi di vedere le cose. Samuel Beckett, amico di Joyce e grande poeta, lo esprime con parole altrettanto potenti: “Essere un artista è fallire, come nessun altro osa fallire… Riprova. Fallisci di nuovo. Fallisci meglio.”
Se ci pensi bene, le vere trasformazioni interiori raramente nascono dai successi convenzionali. Non sappiamo mai dove ci porterà ciò che accade, ma possiamo diventare curiosi delle circostanze, delle emozioni e dei pensieri che emergono. Invece di autoaccusarci o accusare gli altri, possiamo chiederci: “Che cosa sto sentendo? Forse non sono un fallimento, sto solo attraversando un momento difficile.”
Pema Chödrön racconta un’immagine potente per comprendere come affrontare le difficoltà della vita: in un momento cupo della sua esistenza, si rivolse a Trunga Rinpoche, che le fece questo discorso: certe sfide sono come camminare nell’oceano e essere travolti da un’onda enorme. Ci si ritrova sul fondo, con la sabbia in bocca e nel naso, e sembra non esserci via d’uscita. A quel punto, hai solo due possibilità: restare lì o rialzarti e ricominciare a camminare per uscire dall’acqua. Un’altra onda arriva, poi un’altra ancora, e tu continui a coltivare coraggio, audacia e senso dell’umorismo per affrontare la situazione. Con il tempo, le onde sembrano più piccole e smettono di buttarti giù: allenando il cuore a sostenere dolore e vulnerabilità, si impara a sopportare ciò che un tempo sembrava impossibile. Restare a terra dove si è, invece, equivale a morire.
Dalle difficoltà e dalla vulnerabilità emergono le nostre qualità più profonde: coraggio, empatia, gentilezza e creatività. Scrittura, poesia, danza, musica e altre forme d’arte diventano vie per trasformare la sofferenza in qualcosa di significativo e comunicativo.
Imparare a fallire non significa arrendersi. Significa coltivare il coraggio di rialzarsi, osservare con curiosità ciò che accade dentro e intorno a noi, e accogliere ciò che non possiamo cambiare. È trasformare il dolore in crescita, in creatività, in scoperta dei nostri talenti e di ciò che di più prezioso c’è in noi.
Con Amore,
Veronica 🧡